Olio italiano, solo 7 su 100 lo riconoscono

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Il lato A del totem esposto agli Expo Tour di Pavia e Milano

Le polemiche scatenate dal New York Times sugli italiani grandi taroccatori di olio d’oliva hanno sollevato il velo su un problema decisivo per il futuro del made in Italy. Esiste davvero? Ma soprattutto: è riconoscibile per i consumatori, rispetto alle imitazioni che riempiono il mercato? Ed è a questa domanda che ho cercato di dare una risposta. In pratica ho simulato una situazione di acquisto, mettendo i consumatori davanti alla scelta di un extravergine d’oliva fra tante bottiglie, come se ne trovano nei supermercati italiani.

Lo strumento della simulazione era un totem, in pratica un manifesto a forma di parallelepipedo a base triangolare, con base in metro e altezza due. Su una faccia delle tre era rappresentata una porzione del bancone con esposte dodici bottiglie di extravergine. In uno dei lati posteriori del parallelepipedo il retro delle bottiglie con le indicazioni di legge. L’occasione per incontrare i consumatori e sottoporli alla simulazione sono state due edizioni dell’Expo Tour, organizzato in giro per le province lombarde dalla Regione in collaborazione con la Coldiretti. Ho partecipato a due tappe, quella di Pavia (12  aprile) e la successiva a Milano (18 maggio). Un supporto fondamentale per l’operazione mi è arrivato dei giovani imprenditori di Coldiretti delle due province che mi hanno ospitato nei loro stand – allestiti in posizioni strategiche nei mercatini di Campagna Amica – fornendomi anche un indispensabile supporto nel condurre le interviste.

Conosci l’olio che compri? Sotto a questo slogan comparivano 12 bottiglie di olio in vendita nei supermercati italiani. Solo 4, però, sono di olio italiano. Agli intervistati chiedevo di indicarmele. Quattro su dodici: un Aprutino Dop, il Coop 100% Italia, l’extravergine Voi a filiera certificata, e il ligure Raineri. Il consumatore, dunque, partiva con un’doppio aiuto: era avvertito che soltanto una parte delle bottiglie contenevano prodotto made in Italy e ne conosceva il numero. Dunque una situazione di vantaggio rispetto all’acquisto vero e proprio. Di più: in entrambe le circostanze, a Pavia come a Milano, ho intervistato frequentatori dei mercatini di Campagna Amica, dunque potenzialmente più sensibili ai temi dell’origine e della riconoscibilità.

Ebbene, nonostante questo, soltanto 7 consumatori sui 110 intervistati hanno saputo indicare con certezza le quattro bottiglie di olio italiano. Gli altri hanno sbagliato. Il 9% ha sbagliato tutte e quattro le risposte, il 23% ha indicato soltanto una bottiglia su quattro, il 36% due e il 25% tre. Non lasciatevi ingannare dalle percentuali: più di due italiani su tre hanno almeno il 50% di possibilità di portare a casa un olio italiano che tale non è. Così la spesa si trasforma in una roulette: rosso o nero, italiano o non italiano.

Le risposte esatte aumentano al diminuire dell’età degli intervistati. Gli universitari, poi, sono infallibili, ma forse questo deriva loro dall’allenamento a essere sottoposti alle verifiche degli esami. Gli under 25, comunque, hanno un’attenzione maggiore rispetto all’origine dei cibi che portano in tavola. Ma si sentono meno coinvolti negli acquisti. I pochi  che vanno a fare la spesa hanno una probabilità più alta di mettere nel carrello cibi italiani al 100%. Ma sono pochi, appunto. Gli over 50 sono molto interessati ma denotano una percentuale di errore molto elevata. Il 9% che ha fornito 4 risposte errate su 4 appartiene a questa fascia di età. Irrilevante, invece, il genere. Uomini e donne con profilo socioanagrafico simile hanno fornito risposte quasi coincidenti.

A portare fuori strada i consumatori, e questo è un elemento fondamentale, è soprattutto la marca: la maggior parte di loro  dà per scontata l’uguaglianza: brand italiano uguale prodotto italiano. Proprio il fattore su cui l’industria di trasformazione fa leva per inondare il mercato di finto made in Italy.

I risultati dell’indagine sono visibili nello slideshow di immagini in testa al post.

Un’ultima precisazione: sul totem compare la vecchia testata del blog, Etichettopoli.com. Sostituita a partire da giugno da Italiainprimapagina.it.

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