Quel Napoleone trasandato dell’isola d’Elba

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Diario della visita a Villa San Martino nel bicentenario dell’esilio: giardini in stato d’abbandono, un intero piano chiuso per restauri. Quello dell’Elba è un Napoleone decisamente trasandato

Ha ragione Le Figaro: le residenze di Napoleone all’isola d’Elba sono praticamente in stato d’abbandono. E dire che quest’anno ricorre il bicentenario dell’esilio sull’isola toscana dell’Imperatore! Ad aprire le polemiche è stato il quotidiano parigino che in una corrispondenza dell’inviata Valérie Lejeune ha avuto il coraggio di dire la verità: in mezzo a tante cronache di maniera sulle «celebrazioni» programmate dagli otto comuni elbani (Portoferraio, Campo nell’Elba, Capoliveri, Porto Azzurro, Marciana, Marciana Marina, Rio Marina, Rio nell’Elba) le amministrazioni si sono dimenticate di rimettere all’onor del mondo le vestigia imperiali sull’isola toscana. «Muri di cinta scrostati, agavi agonizzanti, aiuole devastate: il giardino di Napoleone è in stato d’abbandono». La Lejeune parla della Villa dei Mulini che del sovrano esiliato fu la residenza ufficiale. Ma ce n’è una seconda, Villa San Martino, dove Bonaparte preferiva ritirarsi: abbarbicata in cima a una salita e al centro di un vasto bosco, offriva un maggior grado di riservatezza rispetto alla residenza ufficiale di Portoferraio.

PRATI E VIALETTI GIBBOSI. Incuriosito e trovandomi sull’Isola per una breve vacanza, ho deciso di dare un’occhiata di persona.  Non tanto a Villa dei Mulini, già ampiamente descritta da Le Figaro, quanto a Villa San Martino, dov’ero già stato all’inizio degli anni Settanta. E devo confessare che la delusione è stata grandissima. Nelle foto che illustrano il post è riassunto lo stato della residenza napoleonica. Anche in questo caso i giardini antistanti la villa sono desolanti. Piante rinsecchite, erba tagliata grossolanamente – quasi si trattasse di un fosso alla periferia d’una cittadina di provincia – gobbe che raggrinziscono  i prati e i sentieri inghiaiati alla meno peggio, come accade nelle stazioncine minori dove si fermano soltanto rugginosi e puzzolenti treni locali. Difficile non provare, da italiani, anche un po’ d’imbarazzo. Mentre i negozianti sono lesti a vendere a caro prezzo profumi e perfino birre con l’immagine e il nome dell’Empereur, quel poco che rimane di veramente suo è trascurato da far invidia a quanto resta dei vecchi manicomi, chiusi da decenni.

CENTINAIA DI VASI VUOTI. Non un fiore nelle centinaia di vasi che fanno da corona all’enorme terrazzo su cui si affacciano le stanze al primo piano della villa. E l’impressione è che siano orfani di qualsiasi vegetale da decenni, visto che manca pure la terra. Ma andiamo con ordine: entrando dall’imponente cancello su cui  lo stemma con la N contornata da una corona d’alloro si alterna con l’insegna della Legion d’Onore, l’effetto è monumentale, arricchito da un edificio in stile neoclassico, ultimato dal principe russo Anatolio Demidoff (marito della nipote di Napoleone Matilde di Monfort) nel 1851, trentasei anno dopo che Bonaparte lasciasse l’Isola. La villa vera e propria è sopra questa costruzione. Vi si accede da una scala stretta, ripida e con i gradini malfermi. Guadagnato il primo piano si entra nei locali adibiti alla vita sociale: salotti, una stanza da letto, ma soprattutto la «sala egizia» con al centro una vasca ottagonale che ospita alcune pessime imitazioni di piante di papiro e alle pareti un tromp l’oeil che ricostruisce la campagna d’Egitto. Da vedere sicuramente anche se i colori, un po’ troppo vividi, tradiscono un restauro forse eccessivamente aggressivo.

CHIUSO PER RESTAURI. La vera sorpresa, però, arriva al piano terra che ospita le cucine e un bagno neoclassico, detto di Paolina (sorella dell’imperatore). Ignoro se gli arredi siano quello originali oppure successivi al 2014, anche perché le stanze di servizio sono tutte chiuse… Per restauro. Così recita un cartello appoggiato a fianco del piano cottura nella cucina, accanto a un paiolo di rame. Scatto qualche foto attraverso le pesanti inferriate alle finestre. All’esterno l’unico elemento che richiama il bicentenario  è una sagoma di cartone raffigurante una caricatura grossolana dell’Imperatore (visibile nella foto con Alessandra, mia figlia). Sconsolante anche la visita alla Galleria Demidoff, situata nell’edificio ai piedi della residenza. Contrariamente a quanto spiega Wikipedia non ospita più «stampe del periodo di Napoleone provenienti da collezioni private», ma in un angolo remoto una tenda da campo che, recita un cartello, potrebbe essere stata utilizzata da Bonaparte in una delle prime campagne militari. Potrebbe…

FORSE PER IL 2114… Insomma, questa ricorrenza l’abbiamo mancata. Chissà se per il tricentenario, nel 2114, saranno ultimati i restauri e ci faremo trovare pronti per offrire ai visitatori dell’Elba uno spettacolo meno sconsolante. Ho un solo rammarico, di non poterlo documentare di persona.

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