La Deoleo ammette: in America vendiamo olio australiano. Con i marchi Bertolli e Carapelli?

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Bertolli, Carapelli e Sasso, il colosso spagnolo Deoleo ammette: abbiamo comperato olio australiano. Jaime Carbò, amministratore delegato del gruppo iberico, proprietario dei tre marchi italiani, ampiamente citato dal CorrierEconomia di questa settimana, ha spiegato la politica degli approvvigionamenti: «Abbiamo la libertà di comprare olio in ogni parte del mondo e domani saremo liberi di confezionarlo in ogni parte del mondo. Quest’anno abbiamo comprato olio australiano, lo abbiamo confezionato in Europa e lo abbiamo venduto in America». Non è dato sapere a quale marchio del gruppo si riferisca Carbò, dato che la Deoleo possiede, fra gli altri, pure un’etichetta di olio spagnolo, Carbonell (nell’immagine tutte le marche del colosso di Madrid). Ma visto che Bertolli e Carapelli sono diventati rispettivamente il primo e il quarto brand a livello mondiale nell’extravergine anche in virtù della loro italianità – vera o presunta –  è probabile che ci sia in giro, per lo meno in America, dell’olio di una delle due marche (o di entrambe) ottenuto da olive in arrivo dall’altro capo del mondo.
E temo che in tutto ciò non vi sia nulla di illegale: sono molte le industrie italiane, soprattutto conserviere, a utilizzare massicciamente materie prime di provenienza estera, a trasformarle, etichettandole come made in Italy, per riesportarle poi sui mercati dove i prodotti col tricolore vanno a ruba. Giurando di non immettere sul nostro mercato neppure un grammo di queste “prelibatezze”. Dobbiamo creder loro?
Senza contare che comunque, da qualche parte del mondo, ci sono dei consumatori, e parecchi, che portano in tavola a loro insaputa finti cibi italiani. Non mi sembra comunque un esempio di trasparenza e correttezza commerciale.
Fra l’altro il gruppo guidato da Carbò rischia di passare di mano: le banche spagnole possiedono circa il 30% del capitale ma sono costrette a vendere perché indebitate fino al collo. E pure in Spagna, come da noi, quando si muove più del 30% dell’azionariato scatta l’obbligo di Opa.

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2 COMMENTS

  1. Bella la nuova versione grafica del blog. Leggendo qua e là mi chiedevo: perché, oltre a denunce e polemiche, non dedicare qualche post anche alla segnalazione di qualche caso positivo?

    Alessandro Giorgiutti

    • Grazie dell’apprezzamento, Alessandro. In effetti sto lavorando proprio a un progetto che mi consentirà di parlare dei casi positivi. L’idea è quella di realizzare un blog gemello di Etichettopol.com che dia conto dei prodotti davvero italiani, quelli socialmente sostenibili, realizzati interamente nel nostro Paese, a partire da materie prime nazionali e su ricetta italiana.

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