Così le agromafie distruggono il made in Italy

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Il busines illegale  frutta 16 miliari di euro, lo dice il Rapporto 2016 sui crimini nel settore agroalimentare. Tra le province Ragusa è la pecora nera, Monza e Brianza la più virtuosa

Sedici miliardi di euro. È il giro d’affari, sporchi ovviamente, delle cosiddette Agromafie, un neologismo (solo linguistico) che indica tutte le attività illecite della criminalità organizzata che coinvolgono l’intero comparto agricolo e la filiera alimentare, dal campo allo scaffale insomma. Una cifra da capogiro intercettata dalle forze dell’ordine negli oltre 100.000 controlli effettuati sul territorio nel 2015.
È la fotografia impietosa che emerge dal quarto Rapporto sui crimini agroalimentari in Italia elaborato da Eurispes, Coldiretti e la fondazione Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare. Le modalità della piovra agroalimentare sono quelle di sempre: usura, racket estorsivo e abusivismo edilizio, ma anche furti di attrezzature e mezzi agricoli, abigeato, macellazioni clandestine o danneggiamento delle colture con il taglio di intere piantagioni. Da veri professionisti dell’estorsione e dell’intimidazione, gli agromafiosi impongono la vendita di determinate marche e determinati prodotti agli esercizi commerciali, che a volte, approfittando della crisi economica, arrivano a rilevare direttamente. Non solo si appropriano di vasti comparti dell’agroalimentare e dei guadagni che ne derivano, distruggendo la concorrenza e il libero mercato legale e soffocando l’imprenditoria onesta, ma compromettono in modo gravissimo la qualità e la sicurezza dei prodotti, con l’effetto indiretto di distruggere l’immagine dei prodotti italiani e il valore del marchio made in Italy. Gli aspetti patologici dell’indotto agroalimentare, come la lievitazione dei prezzi di frutta e verdura fino a 4 volte nella filiera che va dal produttore al consumatore, sono la conseguenza non solo dell’effetto dei monopoli, ma anche delle distorsioni e speculazioni dovute alle infiltrazioni della malavita nelle attività di intermediazione e trasporto, secondo l’analisi della Direzione Investigativa Antimafia.

Controlli a tappeto

L’Italia è dunque irrimediabilmente la culla della corruzione e delle mafie anche sul fronte del cibo? Il quadro non è confortante, certo, eppure «in Italia le attività criminali nell’agroalimentare si scoprono perché c’è un’attività di controllo all’avanguardia a differenza di quanto avviene in altri Paesi dentro e fuori dall’Unione Europea», ha precisato il presidente della Coldiretti, Roberto Moncalvo. Il fatto che dall’estero arrivino poche notizie di irregolarità non significa che la criminalità sia inesistente. Piuttosto va detto chiaramente che in molti Paesi i controlli sono all’acqua di rose. «In Italia è prassi che l’Agenzia delle Dogane ispezioni scrupolosamente i prodotti alimentari di origine straniera e dai controlli emerge molto spesso mancanza di garanzie, di chiarezza, di indicazioni precise e veritiere», ha precisato Coldiretti.
Peccato che a fronte di un’attività cosi puntuale delle forze dell’ordine non segua un’altrettanto efficace gestione dei beni confiscati. Già perché il processo di sequestro, confisca e destinazione delle attività di provenienza mafiosa si presenta lungo e confuso, ed è caratterizzato da inadempienze, procedure farraginose, lungaggini burocratiche. La solita musica, in questo caso sì, tutta italiana. La beffa è che alcuni beni, anche confiscati definitivamente, sono di fatto ancora nella disponibilità degli stessi soggetti mafiosi, di loro parenti o di prestanome. Si stima che circa un immobile su cinque confiscato alla criminalità organizzata sia nell’agroalimentare.

Eurispes misura la criminalità

Per stabilire l’intensità e la diffusione delle attività illecite nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare Eurispes ha elaborato l’Indice di organizzazione criminale (Ioc) delle province che si fonda su 29 indicatori specifici. L’attività mafiosa è elevata nel Mezzogiorno, ma emerge con chiarezza come nel Centro dell’Italia il grado di penetrazione sia forte e stabile e particolarmente elevata in Abruzzo e in Umbria, in alcune zone delle Marche, nel Grossetano e nel Lazio, in particolar modo a Latina e Frosinone. Anche al Nord il fenomeno presenta un grado di penetrazione importante in Piemonte, nell’Alto lombardo, nella provincia di Venezia e nelle province romagnole lungo la Via Emilia. In regioni quali la Calabria e la Sicilia si denota un grado di controllo criminale del territorio pressoché totale, al pari della Campania (sia pur con minore intensità nell’entroterra avellinese e beneventano). Il risultato riflette la forza e l’estensione di organizzazioni quali la ‘Ndrangheta, la Mafia e la Camorra. Il grado di controllo e penetrazione territoriale della Sacra Corona Unita in Puglia, invece, pur mantenendosi significativamente elevato, risulta inferiore che altrove così come in Sardegna, regione dove all’elevata intensità dell’associazionismo criminale non corrisponde di pari grado l’egemonia di un’unica organizzazione.

Ragusa: agromafie  a 100

In Sicilia l’unica provincia non caratterizzata da un Indice Ioc alto è stata Messina, mentre sul restante territorio i valori sono significativamente elevati, in particolar modo nelle zone meridionali e orientali dell’Isola con Ragusa vera pecora nera nazionale che raggiunge un indice pari a 100. Anche il complesso delle province calabresi risulta profondamente soggetto all’associazionismo criminale, così come la Campania e in particolare a Napoli. Si segnala una forte presenza di tipo associazionistico anche sul versante del basso Adriatico, nel basso Lazio e in Sardegna. Risultano al di sopra della media nazionale, pari a 29,1, i territori che si trovano prevalentemente lungo la catena appenninica, sia in Meridione sia in Italia centrale e lungo l’Appennino tosco-ligure. Sia pur con livelli inferiori alla media nazionale, è importante sottolineare come l’indicatore relativo alla provincia di Roma (26,7) possa essere considerato ad un livello medio-alto. Il livello medio-basso dell’IOC racchiude gran parte delle maggiori province del Centro e Nord Italia. La provincia meno mafiosa risulta essere Monza e Brianza il cui indice rilevato è di 0,1.

Indice IOC

INDICE IOC REGIONI2

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