L’Europa ha già detto no all’etichetta d’origine

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Scorrendo l’archivio cartaceo dei comunicati ne ho rintracciato uno in cui l’ex ministro delle Politiche Agricole Paolo De Castro (ora presidente della Commissione agricoltura del Parlamento europeo) spiegava perché nella Ue la battaglia per la tracciabilità dei cibi è già persa.
Diceva De Castro: “L’accordo raggiunto oggi (era il 7 dicembre 2010) dal Consiglio Ue per la salute e i consumatori, ha fatto segnare un drammatico passo indietro in materia di etichettatura dei prodotti alimentari. L’obbligo d’indicare in etichetta il luogo di provenienza per i prodotti agricoli, che avevamo introdotto in Parlamento dopo il lungo e complesso lavoro della commissione agricoltura, è stato sostituito da un sistema di etichettatura su base volontaria, ad eccezione del caso in cui si induca in errore il consumatore. Per tutti gli altri prodotti, si rimanda ad una relazione della Commissione, da presentare al Parlamento entro tre anni, per valutare l’opportunità di introdurre sistemi di etichettatura obbligatoria. L’unica eccezione, riguarda l’estensione alle carni suine, di agnello e al pollame di quanto previsto per l’etichettatura delle carni bovine, fatte salve le norme di attuazione”.
Chi spera in un atteggiamento benevolo da parte dell’Europa è destinato a subire una sonora delusione. Bruxelles, nei fatti, ha già detto no all’etichetta d’origine.

L’ex ministro Paolo De Castro

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