I lupi di Bruxelles non vedono l’ora di mangiarsi il made in Italy. Non succederà subito. Stanno riorganizzando i branchi in vista delle elezioni europee di maggio. Fanno i mansueti. Nascondono le zanne. Sperano di farsi passare per pecore un po’ inselvatichite. Ma sono sempre loro. Più feroci che mai. 

La prossima preda saranno le nuove etichette d’origine obbligatorie vicine all’introduzione nel nostro Paese e destinate a farci scoprire i veri prodotti italiani e distinguerli da quelli finti. Il provvedimento è entrato con un emendamento nella legge Semplificazioni. La norma prevede che i tre ministri dell’Agricoltura (Centinaio), dello Sviluppo (Di Maio) e della Salute (Grillo) scrivano un decreto per stabilire una volta per tutte quali cibi debbano dichiarare l’origine degli ingredienti. E soprattutto come lo debbano fare.

ORIGINE PIANETA TERRA

In realtà il Parlamento Ue, nel regolamento 1169 del 2011, aveva incaricato la Commissione di stendere un atto attuativo per sanare una vera e propria porcheria partorita da Bruxelles (abbiate pazienza ma i fatti vanno ricostruiti nella loro interezza) nel Codice doganale comunitario che all’articolo 60, intitolato Acquisizione dell’origine, ha introdotto un meccanismo diabolico capace di italianizzare qualunque cosa. Ecco come:

«Le merci alla cui produzione contribuiscono due o più paesi o territori sono considerate originarie del paese o territorio in cui hanno subito l’ultima trasformazione o lavorazione sostanziale ed economicamente giustificata…».

Il Parlamento Ue si è reso conto che in base a questo principio si possono spacciare per italiani, ad esempio, un prosciutto tedesco cotto da noi, la pasta fatta con il grano proveniente dal Canada, i formaggi ottenuti a partire dal latte francese o tedesco. Per correggere questo paradosso l’assemblea di Strasburgo ha incaricato la Commissione europea di redigere un regolamento d’attuazione che avrebbe dovuto obbligare i produttori a dichiarare l’origine, quando il consumatore possa facilmente cadere in errore. 

Ma il Politburo di Bruxelles ha prodotto una nuova porcheria. Vi risparmio il dettaglio, ma lo potete approfondire leggendo questo post che ho scritto tempo fa. Il succo è che la dichiarazione d’origine può essere assolta anche scrivendo un generico «Ue e non Ue», che equivale a dire pianeta Terra. Insomma, un’etichettatura d’origine talmente evasiva da renderne inutile l’esistenza.

IL 1° APRILE 2020 LIBERI TUTTI

Sennonché il 1° aprile 2020 il regolamento attuativo sull’ingrediente primario entrerà in vigore in tutta l’Unione europea. E farà decadere tutte le norme in deroga approvate dai singoli stati. Italia compresa. Così spariranno i contestatissimi decreti scritti a quattro mani dagli ex ministri Martina e Calenda – sull’origine di latte Uht, formaggi, pasta, riso, sughi di pomodoro –  assieme alle norme che stanno per essere introdotte nel Decreto semplificazioni e che riguardano la parte rimanente delle referenze alimentari: salumi e insaccati, pane e prodotti da forno, succhi di frutta, dolciumi e via dicendo.

Da qual che si intuisce leggendo il testo dell’emendamento approvato alla Commissione affari costituzionali, il governo ritiene che possa sopravvivere al regolamento sull’origine pianeta Terra per motivi legati alla salute pubblica. Personalmente ne dubito. E la resa dei conti probabilmente arriverà ben prima del 1° aprile 2020.

LE REAZIONI: COLDIRETTI, FILIERA ITALIA E FEDERALIMENTARE

Vale la pena di registrare le reazioni all’annuncio del governo giallo-verde sulle nuove etichette d’origine. Non voglio annoiare i miei lettori, ma è giusto sapere come si stanno predisponendo le squadre in campo.

Ettore Prandini

«È una grande vittoria per agricoltori e consumatori il via libera all’obbligo di indicare in etichetta l’origine di tutti gli alimenti per valorizzare la produzione nazionale, consentire scelte di acquisto consapevoli ai cittadini e combattere il falso Made in Italy», ha affermato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini. 

Luigi Scordamaglia

«Le eccellenze del Made in Italy non temono la trasparenza anzi la considerano un valore aggiunto  competitivo», commenta Luigi Scordamaglia, numero uno di Filiera  Italia, la nuova associazione che rappresenta il meglio del settore agroalimentare del Made in Italy – oltre 50 marchi  distintivi dell’italianità insieme all’eccellenza agricola rappresentata da Coldiretti. «Una scelta a favore del  consumatore», aggiunge, «che  aumenta la sua consapevolezza e lo rende edotto degli altissimi  standard di qualità espressi dai prodotti della filiera  agroalimentare italiana».

Ivano Vacondio

Di ben altro tenore la reazione di Federalimentare. «Le norme che possono migliorare le informazioni per i consumatori sui prodotti alimentari sono fondamentali ma, in materia di etichettatura devono essere discusse e condivise a livello europeo e non solo italiano», ha detto il numero uno di Federalimentare Ivano Vacondio, aggiungendo: «Fughe in avanti come la tendenza all’introduzione di norme nazionali su materie armonizzate a livello comunitario è penalizzante e nociva per il nostro Paese. Per questo, Federalimentare auspica una modifica della proposta attuale e una riapertura del dibattito in sede europea».

Print Friendly, PDF & Email

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here